Il capitolo III dell’Enciclica Fratelli tutti, di papa Francesco, invita a pensare e generare un mondo aperto. I due verbi sono molto indicativi. Non si tratta solo di una riflessione teorica, a vari livelli, ma occorre generare, ossia far nascere, impegnarsi a costruire, creare un mondo nuovo, con impegni concreti, sforzi che devono coinvolgere tutti per ottenere risultati evidenti.
Papa Francesco suggerisce alcuni elementi per questo cammino. Innanzitutto l’apertura al nuovo progetto, superando la staticità, l’accidia o la negatività di non voler aprirsi alla novità dello Spirito, all’accoglienza del diverso, all’immersione in un orizzonte nuovo di senso.
In concreto, per iniziare un progetto, bisogna che siamo disposti al dono di sé. Questa apertura all’altro costituisce un primo passaggio verso la verità su me stesso e sugli altri. Solo spostando la prospettiva dal me al noi possiamo intuire nuove strade che la relazione con gli altri mi consente di scoprire.
Quando usciamo da noi stessi per incontrare l’altro iniziamo ad amarlo, a non vederlo più come un nemico ma come un fratello. La novità, che coinvolge mente e cuore, porta a pensare che può esistere una logica diversa da quella di prima, e che questo dinamismo, proiettato da Cristo al mondo, produce un cambiamento radicale. È l’inizio della generazione di un mondo nuovo, non più dominato dalla logica dell’egoismo, del possesso, del potere, ma dalla logica del dono, dell’amore, della fratellanza.
Se applico questa logica alle mie relazioni quotidiane vado oltre il mio orizzonte di senso, alle volte ridotto, o deviato, e scopro una possibilità nuova di amare, senza frontiere, senza muri, senza pregiudizi. Allora le relazioni diventano sane, autentiche, perché non cerco il mio tornaconto, ma la verità, il bene, la giustizia, la pace. Allora l’incontro con gli altri mi fa crescere, mi completa, mi arricchisce. Non temo di confrontarmi, ma mi apro al dialogo.
E qui riporto dei passaggi stupendi dell’Enciclica sul valore unico dell’amore:
91. Le persone possono sviluppare alcuni atteggiamenti che presentano come valori morali: fortezza, sobrietà, laboriosità e altre virtù. Ma per orientare adeguatamente gli atti delle varie virtù morali, bisogna considerare anche in quale misura essi realizzino un dinamismo di apertura e di unione verso altre persone. Tale dinamismo è la carità che Dio infonde. Altrimenti, avremo forse solo un’apparenza di virtù, e queste saranno incapaci di costruire la vita in comune. Perciò San Tommaso d’Aquino – citando Sant’Agostino – diceva che la temperanza di una persona avara non è neppure virtuosa.[69] San Bonaventura, con altre parole, spiegava che le altre virtù, senza la carità, a rigore non adempiono i comandamenti «come Dio li intende».[70]
92. La statura spirituale di un’esistenza umana è definita dall’amore, che in ultima analisi è «il criterio per la decisione definitiva sul valore o il disvalore di una vita umana».[71] Tuttavia, ci sono credenti che pensano che la loro grandezza consista nell’imporre le proprie ideologie agli altri, o nella difesa violenta della verità, o in grandi dimostrazioni di forza. Tutti noi credenti dobbiamo riconoscere questo: al primo posto c’è l’amore, ciò che mai dev’essere messo a rischio è l’amore, il pericolo più grande è non amare (cfr 1 Cor 13,1-13).
95. L’amore, infine, ci fa tendere verso la comunione universale. Nessuno matura né raggiunge la propria pienezza isolandosi. Per sua stessa dinamica, l’amore esige una progressiva apertura, maggiore capacità di accogliere gli altri, in un’avventura mai finita che fa convergere tutte le periferie verso un pieno senso di reciproca appartenenza. Gesù ci ha detto: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8).
96. Questo bisogno di andare oltre i propri limiti vale anche per le varie regioni e i vari Paesi. Di fatto, «il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri».
Da questi atteggiamenti viene concepito un mondo nuovo, dominato dalla logica dell’amore che è capace di promuovere le persone e rispettare la dignità di tutti.
Senza dubbio, come nota papa Francesco nel n. 127 di Fratelli tutti, si tratta di un’altra logica, che dobbiamo assumere se vogliamo contribuire a questo progetto. «Se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasie. Ma se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal solo fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, è possibile accettare la sfida di sognare e pensare ad un’altra umanità. È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne. Perché la pace reale e duratura è possibile solo «a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana».[108]A cura di Daniela del Gaudio