In tempi in cui si fa più acuto il bisogno di capire, di confrontarsi e di dialogare con genti e culture anche molto lontane, appare esemplare il cammino di Mons. Giancarlo Bregantini, Arcivescovo di Campobasso, intervenuto all’incontro del 31 gennaio u.s., dal tema “Cattolici e politica: un binomio incompatibile?”. organizzato dall’Osservatorio Socio Politico di Modugno. Uomo del Nord trapiantato al Sud, Mons. G. Bregantini, che ha amato il Sud fino a comprenderlo ed è riuscito a mettere in comunicazione viva i due poli, spesso così distanti, del nostro Paese. Un itinerario che, negli anni, diventa stima e passione per la terra e per la gente. La terra, e cioè il mare e il sole della Calabria, ma anche i suoi ripidi sentieri di montagna, i paesetti arroccati e quasi irraggiungibili, le case, le scuole, le fabbriche e le chiese. E la gente, spesso sfiduciata e convinta che nulla possa cambiare, ma anche animata da giovani e donne pronti a lottare e a pagare di persona per un futuro migliore.
Dalle sue parole si raccoglie il percorso della sua vita, che racconta il mare e il sole della Calabria e i ripidi sentieri di montagna del Trentino. Il Pastore si fa testimone, davanti alla chiesa e alla società, di una nuova speranza fatta di reciprocità e non solo di solidarietà: saggezza antica che il Sud regala al Nord e che diventa uno stile, anche politico, di interrelazione con ogni Sud del mondo. Le parole rivolte a coloro che erano presenti all’incontro si rifanno alle immagini suggestive del mondo agricolo che evidenzia le sue origini contadine.
L’Arcivescovo è originario del Trentino, una terra ricca di cooperative e due sono le parole che provengono da questo mondo: “mio e nostro”.
“Ci vogliono tutte e due, ma non sono sullo stesso piano – ha aggiunto il presule -. Il nostro vien prima del mio ed è il cuore della dottrina della Chiesa. Infatti se si dà la priorità al “nostro” si difende anche il “mio”. La fraternità, nella vita dei cristiani, è espressione del nostro, è sostegno e muro contro la logica della precarietà che oggi, con relazioni fragili, è vissuta in tutti gli ambiti. Con chiarezza e lucidità, ha fatto cogliere i punti nodali della dottrina sociale della Chiesa: la sussidiarietà, la solidarietà, il bene comune. “La reciprocità è una legge fondativa anche in campo sociale, ed educarci al cammino dall’io al tu, al noi, è la sfida più grande da raccogliere non solo in ambito pastorale, ma anche nella dimensione socio-politica. Il federalismo, se non è ben gestito, diventa uno strumento di divisione, non di unione del Paese”, ha ammonito il vescovo, secondo il quale “Nord e Sud si intrecciano, non si oppongono. Il Padre Nostro – ha ricordato infine il presule, – è una preghiera espropriata dove non c’è mai il pronome personale io e neppure l’aggettivo possessivo mio. Il primo atteggiamento per pregare non è forse anche il primo atteggiamento per vivere in relazione? E’ imparare a pronunciare il pronome tu e di conseguenza imparare a dire noi”. In quest’ottica, ha precisato il vescovo, “il Sud dovrebbe lavorare molto di più sulla tipicità, cioè sulla capacità di valorizzare i propri prodotti e le proprie caratteristiche originali, il Nord invece sulla reciprocità, perché il Nord ha bisogno del Sud e viceversa. Dietro l’offerta riferendosi ai temi del “sovvenire” c’è anche una scelta sociopolitica: bisogna abituare la persona a pensare non solo a se stessa, ma al bene della Chiesa”. Un incontro da tutti atteso e apprezzato. Un piccolo contributo alla crescita del mondo civile, sociale, politico.
Anna Grazia Di Liddo asc