Nella recente enciclica Laudato sii papa Francesco ci richiama ad una rinnovata cura per la nostra casa comune che è la terra. Si tratta di ritrovare un’intesa persa quando il nostro sguardo, e quindi, le nostre azioni verso il creato non sono stati dettati da sentimenti di stupore per le meraviglie impresse da Dio o per le ricchezze della natura e le sue potenzialità, da rispettare ed amare, ma piuttosto da sentimenti di interesse e sfruttamento che hanno prodotto tanti problemi di cui oggi soffrono soprattutto i popoli più poveri della terra.
Per iniziare un rapporto più giusto con la nostra casa comune dobbiamo partire da una considerazione che papa Francesco pone nell’ introduzione della sua enciclica, ossia comprendere che niente di ciò che accade attorno a noi ci deve risultare indifferente. La politica dell’indifferenza porta alla morte, ci rende egoisti e ci chiude verso il prossimo.
Papa Francesco ci invita a combattere quella che definisce la «cultura dell’indifferenza», perché è contraria alla logica di Dio, che, invece, s’interessa tanto a noi da volersi fare uomo per la nostra salvezza.
Al n.8 della Laudato sii papa Francesco cita il Patriarca Bartolomeo parlando della necessità che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta, perché «nella misura in cui tutti noi causiamo piccoli danni ecologici», siamo chiamati a riconoscere «il nostro apporto, piccolo o grande, allo stravolgimento e alla distruzione dell’ambiente». Bartolomeo, secondo Francesco, «si è espresso ripetutamente in maniera ferma e stimolante, invitandoci a riconoscere i peccati contro la creazione: Che gli esseri umani distruggano la diversità biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l’integrità della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l’aria: tutti questi sono peccati. Perché un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio».
Di fronte a questo scenario tutti i pontefici degli ultimi tempi si sono preoccupati di intervenire per richiamare gli uomini ad un uso più ponderato dei beni ambientali e al rispetto per il creato, ma, più ancora, andando alle radici etiche e spirituali dei problemi ambientali, hanno invitato a ricercare le soluzioni non solo nella tecnica, ma in un vero e proprio cambiamento di vita, quella che papa Francesco ha definito «conversione ecologica», ossia un modo di pensare e di vivere che sia attento agli altri e al creato come un dono ricevuto da Dio.
Citando ancora Bartolomeo, papa Francesco propone un cammino concreto di conversione ecologica che mi sembra molto interessante, anche per i consacrati: «passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che significa imparare a dare, e non semplicemente a rinunciare. È un modo di amare, di passare gradualmente da ciò che io voglio a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio. È liberazione dalla paura, dall’avidità e dalla dipendenza» (LS 9).
Leggendo i Consigli Evangelici in questa prospettiva, possiamo dire che vivere in castità significa imparare la logica del dare, e non semplicemente del rinunciare. Noi siamo donne che abbiamo abbracciato uno stato di vita aperto all’amore universale. Non abbiamo rinunciato all’amore rinunciando ad una famiglia terrena, ma vogliamo testimoniare la bellezza di una donazione totale a tutti, nel nome di Dio. Perciò è un modo di amare che ci libera dall’avidità, per vivere in povertà, e ci insegna a passare da ciò che era il nostro orizzonte a ciò di cui ha bisogno il mondo di Dio, vivendo in obbedienza, ossia in una disposizione interiore che ci rende capaci di condividere con gli altri un cammino comune, libere dalla paura e dalla dipendenza per essere segno dell’amore di Dio nel mondo.
Ecco perché i Consigli Evangelici diventano una scuola di amore evangelico che ci deve inoltrare, senza remore, nelle strade della storia, fino ai crocevia più impervi, per riempirli di luce, per infondere amore e insegnare la speranza perché tutti siamo creature di Dio, da lui amate e da lui seguite in ogni momento.
Da qui la conversione ecologica che ci porta ad «accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale» (LS 9). Papa Francesco conclude, in modo molto profondo, che questo itinerario ci aiuta a comprendere che «il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta» (LS 9).
Chinandoci sui più piccoli e più poveri, facendoci carico dei problemi del mondo, addentrandoci nelle pieghe della storia superiamo l’indifferenza con la compassione, inserendoci nel mistero dell’amore di Dio che si abbassa fino all’ultimo granello di polvere per redimerlo e santificarlo. Con Lui anche noi costruiamo un futuro migliore contemplando la veste senza cuciture della creazione dove ogni dettaglio, anche il più insignificante, acquista valore perché è toccato dal suo amore.
Daniela Del Gaudio